Mayweather McGregor

Nonostante il grande seguito che si appresta ad avere l’incontro fra Mayweather e McGregor, la boxe ha poco da sorridere

L’evento che si sta per svolgere presso la T-Mobile Arena di Las Vegas (il 26 agosto per la precisione, in Italia alle 5 di mattina di domenica 27) si preannuncia come il più seguito incontro di boxe degli ultimi anni, ossia quello fra l’americano Floyd Mayweather e l’irlandese Conor McGregor. L’ultimo incontro che aveva suscitato un tale interesse mediatico era stato il match fra Pacquiao e lo stesso Mayweather nel 2015, vinto da quest’ultimo fra molte critiche per l’atteggiamento remissivo sul ring e per il diniego di una rivincita all’avversario.

Il combattimento del 26 agosto, però, nonostante l’eco mediatica addirittura superiore, ha un significato completamente diverso. Conor McGregor, per chi non lo sapesse, non è un campione della nobile arte del pugilato, bensì è un affermato campione di MMA (Mixed Martial Arts) che ha ottenuto la sua popolarità soprattutto grazie ai suoi successi nella UFC (Ultimate Fighting Championship), in particolare per essere riuscito a detenere contemporaneamente due titoli mondiali della federazione (quello dei pesi piuma e dei pesi leggeri), primo atleta a riuscirci in assoluto. Quello con Mayweather è il suo primo incontro professionistico nella boxe.

L’americano invece è il campione imbattuto della disciplina, con un invidiabile record di incontri di 49 vittorie e zero sconfitte, dato che da solo legittima la sua presenza nel novero dei migliori boxeur (perlomeno degli ultimi anni), nonostante non siano mancate alcune critiche come quella relativa a ciò che in gergo viene chiamato “cherry picking”, ossia accettare le sfide solamente di avversari contro i quali si ha la ragionevole convinzione di poter vincere. Tralasciando questa polemica, il dato che maggiormente ci interessa è che Mayweather aveva detto addio al ring nel 2015, dopo l’incontro vinto contro il connazionale Berto.

A questo punto il contesto del match risulta più chiaro. Siamo di fronte a due atleti agli antipodi delle proprie carriere: McGregor (classe ’88) è l’attuale campione dei pesi leggeri UFC ed è all’apice della forma psicofisica. Mayweather (classe ’77) ha abbandonato le competizioni da un paio d’anni e probabilmente non sarà nella sua condizione fisica migliore, eppure ha tutti i favori del pronostico su un avversario che non ha l’esperienza né la tecnica necessaria per affrontare un pugile dello spessore di Mayweather, per quanto già pensionato. McGregor si trova a combattere in una lotta (anzi, lui l’ha chiamata “un quarto di lotta”) dove dovrà rinunciare a calci e prese, elementi chiave nella sua disciplina, nonostante qualche segnale positivo dagli allenamenti sia arrivato.

Se mediaticamente ed economicamente questo evento ha una portata enorme (si parla di 100 milioni di dollari per l’americano, 75 per l’irlandese) e riporta alla ribalta la boxe, da un altro punto di vista l’incontro è un enorme campanello d’allarme per tutto il mondo del pugilato. È singolare – per non dire preoccupante – che una delle sfide pugilistiche più attese sia fra un boxeur in pensione e un non boxeur al suo primo incontro da professionista. In mezzo a questi due estremi non si riescono a trovare personaggi in grado di ammaliare il grande pubblico; soprattutto la confusione fra le federazioni pugilistiche non aiuta la risalita di uno sport così glorioso.

Non solo, ma l’aver arruolato il campione di un’altra disciplina, “rivale” della boxe, significa riconoscere un grande appeal alla UFC (o almeno al suo portabandiera) che in questo momento manca al pugilato, dal momento che nessuno sfidante, per quanto tecnicamente più preparato di McGregor, avrebbe permesso l’allestimento di un tale evento.

Al di là delle colpe organizzative, i gusti del pubblico attuale sembrano preferire uno spettacolo più diretto come quello offerto dell’UFC che non uno più tattico e psicologico come quello pugilistico. Se si vanno a recuperare i tweet dell’incontro fra Pacquiao e Mayweather molti sottolineavano la noia di un incontro dove l’americano è stato piuttosto attendista e guardingo, non riuscendo ad apprezzare la tecnica degli sfidanti, che può essere colta solo da un occhio esperto. Inoltre, l’enorme spettacolarizzazione che sta precedendo il 26 agosto, sembra mostrare una (almeno in parte) nuova via di promozione dell’evento. Così il trash-talking, la disputa sui guanti da usare (da 8 once, più leggeri come voluto da McGregor), alcune dichiarazioni di vecchie glorie e altre trovate estemporanee hanno rappresentato loro stesse uno show a se stante.

In definitiva l’incontro sembra rispondere più a quella voglia di crossover fra due stili di combattimento diversi, come se si potesse decretare la superiorità di uno dei due a seconda del vincitore che non alla voglia di riavvicinare alla boxe.

O meglio: Mayweather-McGregor riavvicinerà il pubblico generalista (non gli appassionati veri, per la maggior parte non favorevoli a questo tipo di esibizioni) allo sport-boxe, ma non alla disciplina-boxe, nella quale McGregor non può definirsi un’eccellenza, neanche nel caso dovesse sorprendere Mayweather.

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Scritto da:

Lorenzo Picardi

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