luoghi rivoluzionari copertina

Ci sono alcuni luoghi che, volenti o nolenti, sono diventati il simbolo di una rivoluzione. Per il topic di questo mese ne ho scelti tre che considero, senza ombra di dubbio, significativi ed il cui nome riporta immediatamente alla memoria l’evento che hanno “ospitato“, nel bene e nel male.

Luoghi da rivoluzione parte 1: la Bastiglia

Come saprete tutti grazie al cartone animato Lady Oscar, e non certo per i libri di scuola (negatelo, se avete il coraggio!), l’anno 1789 è stato epocale per la Francia e la monarchia assoluta. Una serie di eventi, diversi di questi piuttosto sanguinari, condussero il popolo francese verso la proclamazione della repubblica, l’eliminazione delle basi economiche e sociali del cosiddetto Ancien Régime e l’emanazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, fondamento delle moderne costituzioni.

I dintorni di Faubourg Saint Antoine, zona Bastiglia appunto, erano popolati da artigiani che lavoravano fuori dalle corporazioni ufficiali. Questo perché erano artigiani poveri, come povero era il quartiere in questione che era, praticamente, sempre in protesta. I tumulti in quella zona di Parigi cominciarono ancora ad aprile di quell’anno.

La mattina di martedì 14 luglio, gli insorti attaccarono l’Hôtel des Invalides con l’obiettivo di procurarsi delle armi: trovarono circa ventottomila fucili e qualche cannone, ma non la polvere da sparo. Per questo decisero di assalire la prigione-fortezza della Bastiglia, nella quale erano tenuti in custodia solamente sette detenuti.

Luoghi: La Bastiglia
La Bastiglia prima del 14 luglio 1789

Gli elevati costi di mantenimento di una fortezza medievale così imponente, adibita all’epoca a una funzione limitata come quella di carcere, aveva già convinto Luigi XVI a chiuderne i battenti e probabilmente fu per questo motivo che quel giorno gli alloggi della prigione erano praticamente vuoti. Trentasei giorni prima della sua “presa” il re ne aveva ordinato la demolizione. Diciamo che il suo “desiderio” è stato poi realizzato, e pure gratis, grazie all’intervento dei rivoltosi.

La guarnigione della fortezza era dunque composta da soli 82 soldati veterani, non più idonei a servire in combattimento in quanto invalidi, ai quali il 7 luglio si erano aggiunte 32 guardie svizzere. Il governatore della prigione era Bernard-René Jourdan de Launay, che decise di trattare la resa e fu poi decapitato con ferocia dalla folla poco dopo, durante il suo trasferimento.


Curiosità: fino al 4 luglio il Marchese de Sade era detenuto proprio alla Bastiglia. Entratovi il 29 febbraio 1784, fu trasferito al manicomio di Charenton su richiesta del governatore della fortezza per aver sobillato la folla, incitando i rivoltosi all’assalto alla fortezza, due giorni prima.


La storia della fortezza

Bastille Saint-Antoine (nome completo) fu una fortezza eretta a Parigi per volontà di Carlo V di Francia tra il 1367 e il 1382 per rafforzare le mura orientali della città e per la difesa della Porte St-Antoine.
Alta 24 metri, si presentava con una a pianta rettangolare (66 metri di lunghezza per 34 di larghezza), quattro torri e due cortili interni detti Cortile grande e Cortile del pozzo, ed era circondata da un fossato alimentato dalla vicina Senna, perciò vi si accedeva solo tramite ponte levatoio. Altre quattro torri furono aggiunte in seguito, per un totale di otto.

Luoghi: La Bastiglia nel 1640
La Bastiglia nel 1640

La sua funzione di difesa non ebbe granché successo. La Bastiglia cadde più volte durante la Guerra dei Cent’Anni: fu conquistata nel 1413 dagli Armagnacchi durante la rivolta dei rappresentanti delle corporazioni, nel 1418 dai borgognoni, nel 1436 dal Re. E ancora, nel 1565 dal principe di Condé, poi durante la Giornata delle Barricate nel 1588, nel 1591 dai leghisti, nel 1594 dalle truppe reali di Enrico IV, nel 1649 e 1652 durante la Fronda.

Utilizzata come prigione, ebbe ospiti davvero illustri, tra cui i più importanti furono:

  • Luigi di Lussemburgo, conte di Saint-Pol (1475);
  • Jacques d’Armagnac, duca di Nemours (1477);
  • François de Montmorency (1574-1575);
  • Charles d’Angoulême (1604-1616);
  • il principe di Condé (1616-1619);
  • l’artista protestante Bernard Palissy;
  • Achille de Harlay, primo presidente del parlamento;
  • Carlo di Gontaut, duca di Biron;
  • Maschera di ferro, presunto fratello gemello di Luigi XIV;
  • Voltaire (1717);
  • il già citato Marchese de Sade (1784-1789);
  • Cagliostro;
  • Fouquet;
  • Mirabeau.
La Bastiglia oggi

So di darvi una delusione, dicendovi quanto segue, ma se andate a Parigi scordatevi di “visitare” la fortezza. Il 16 Luglio 1789, due giorni dopo il cosiddetto “inizio” della rivoluzione, la Bastiglia non esisteva già più: era stata rasa al suolo dal popolo, un tantino alterato, diciamo. Il suo destino divenne quello di molti altri monumenti o luoghi-chiave della storia: fu trasformata in un souvenir. Alcuni commercianti di Faubourg Saint Antoine presero infatti i pezzi di muro e le pietre della Bastiglia e li misero in vendita, come ricordino di un momento storico importante.

Luoghi: Place de la Bastille 1878
Place de la Bastille nel 1878

L’area su cui sorgeva la fortezza è oggi Place de la Bastille, al cui centro si trova la Colonne de Juillet, monumento alla rivoluzione di luglio, eretta non per commemorare il 14 luglio, come comunemente si crede, bensì les Trois Glorieuses, le “tre gloriose” giornate (27, 28 e 29) del 1830 che videro la caduta di Carlo X di Francia e l’inizio della “monarchia di luglio” di Luigi Filippo.

Se è pur vero che la fortezza è stata distrutta, in realtà non ha mai abbandonato del tutto Parigi. Scopriamo perché!

  1. Pont de la Concorde
    Luoghi: Pont de la Concorde
    Pont de la Concorde visto dal basso

    Le pietre che hanno dato vita a questo ponte arrivano proprio dalla Bastiglia. Dato che in tempo di Rivoluzione ogni cosa era utile si è pensato bene di “riciclare” i materiali. Inoltre, vogliamo mettere il senso metaforico di permettere ai parigini di calpestare, giorno per giorno, un segno del potere assoluto ormai distrutto?

  2. La Metro
    Si arriva a Place de la Bastille con due linee di metro: la 1 (gialla) e la 5 (arancio). Proprio sul binario dove approda la linea 5, nel 1905, sono state ritrovate le fondamenta della fortezza, dove poggiavano alcune celle della Bastiglia. Una fermata da non perdere!
  3. Angolo con Boulevard Bourdon
    All’entrata della Metro dalla parte di Boulevard Bourdon c’è, in bella vista, un bel pezzo di muro della Bastiglia.
  4. Tra Boulevard Henry IV e Rue du Fauborg St. Antoine
    La posizione esatta della fortezza è segnata, in terra, tra queste due strade. Vi sconsiglio di sostare lì in mezzo però: il traffico è piuttosto intenso!
  5. Il Fossato
    Verso la Senna, il muro che oggi fa da argine al fiume, dopo il Canal de Saint-Martin è proprio il muro di cinta di quello che un tempo era il fossato della Bastiglia. Nell’opera di rifacimento della città da parte di Haussmann, nell’Ottocento, gli venne data nuova vita.
  6. Il ristorante su Boulevard Henry IV
    Alla Bastiglia vigevano due pesi e due misure: ai ricchi erano permesse celle grandi, con mobili rifiniti e tanto di servi. I poveri invece erano gettati a marcire nelle celle più basse e umide. Una delle celle più infime della fortezza è diventata la cantina di questo locale ed è l’unico ultimo vero resto della Bastiglia. Anziché prigionieri di bassa categoria, la cella ora ospita bottiglie pregiate… Quando si dice il Karma!

Piazza Tienanmen e la borsa di plastica

Duecento anni dopo la presa della Bastiglia, il 15 aprile 1989 iniziava a Pechino la più grande protesta popolare dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese. Gli studenti, provenienti da più di 40 università, marciarono su Piazza Tienanmen il 27 aprile, reclamando la democrazia.
Furono raggiunti da operai, intellettuali e funzionari pubblici, che si radunarono proprio nel luogo simbolo in cui, nel 1949, Mao Zedong aveva proclamato il nuovo regime (per sapere di più su questa parte della storia vi rimando all’articolo di Mauro).

Luoghi Rivoluzione Tienanmen Lego
Versione Lego di Tank Man

A maggio più di un milione di persone aveva riempito la piazza, tanto che il 20 dello stesso mese il governo impose la legge marziale a Pechino. Truppe corazzate furono inviate per disperdere i manifestanti. Le forze governative di fronte all’immensa folla presente si ritirarono, poi Deng Xiaoping, all’epoca capo della Commissione militare nonché uno dei maggiori leader del paese, diede ordine di far fuoco e nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 i carri armati dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese uccisero a Piazza Tienanmen centinaia, se non migliaia, di persone, mettendo fine alle proteste degli studenti.

Il risultato fu un massacro il cui bilancio ufficiale non è ancora stato accertato, poiché il governo cinese non ha finora mai reso pubblico alcun documento in merito ai fatti. A quasi trent’anni dalla repressione, il regime comunista continua a vietare qualsiasi discussione sull’argomento, bandendolo dai libri di testo e dai media e censurandolo su Internet.

Tank Man

La foto simbolo di questa grande protesta è quella di uno studente che, da solo e completamente disarmato, si para davanti a una colonna di carri armati per fermarli, passato alla storia come “Tank Man” ossia “uomo del carro armato“, o anche il Rivoltoso sconosciuto.

Tank Man - luoghi rivoluzionari

Il fatto ebbe luogo lungo la strada verso la Città Proibita, il 5 giugno 1989, il giorno dopo che il governo cinese incominciò a reprimere brutalmente la protesta. L’uomo si mise in mezzo alla strada e sfidò i carri armati. Teneva una busta di plastica nella mano sinistra e la giacca nella mano destra. Appena i carri armati giunsero all’altezza del ragazzo, Tank Man si pose davanti ad essi. In risposta, i carri armati provarono a girargli intorno, ma il ragazzo li bloccò più volte, mettendosi di fronte a loro ripetutamente, adoperando una sorta di resistenza passiva.


Forse vi interesserà sapere che il 9 novembre 1989, dopo 28 anni, cadeva il Muro di Berlino.


La storia della Piazza

Larga 880 metri da nord a sud e 500 da est a ovest, sesta piazza pubblica del mondo per dimensioni con i suoi 440.000 metri quadrati, Piazza Tienanmen (o Tien’anmen) è la grande piazza vicino al centro di Pechino, chiamata così per la Tienanmen (letteralmente, “porta della Pace Celeste“) posta al suo nord, che la separa dalla Città Proibita. È vista da molti come il cuore simbolico della nazione cinese. Fuori dalla Cina, è famosa soprattutto per la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese da parte di Mao Tse-tung il 1º ottobre 1949 e per le proteste del 1989.

Piazza Tienanmen panoramica - luoghi
Piazza Tienanmen panoramica

La Piazza fu costruita nel 1417. Nel 1651, all’inizio della dinastia Qing, venne rinnovata e rinominata nella sua forma attuale. Durante le epoche della dinastia Ming e Qing, non c’era una piazza pubblica a Tien’anmen, ma un’area piena di uffici per i ministri imperiali: questi furono notevolmente danneggiati durante la rivolta dei Boxer e l’area fu quindi ripulita.

Ingrandita nel 1949 fino all’attuale misura, la piazza è interrotta soltanto dai 38 metri d’altezza del Monumento agli Eroi del Popolo e dal Mausoleo di Mao Tse-tung, all’interno del quale è possibile vedere il suo corpo mummificato (è morto nel 1976), oppure la sua statua di cera (le opinioni sono discordanti). Si trova tra due antiche ed imponenti porte: la Tien’anmen sul lato nord e la Qianmen (o porta anteriore/frontale) a sud. Lungo il lato ovest della piazza si trova la Grande Sala del Popolo, mentre lungo il lato est si trova il Museo nazionale di storia cinese. Viale Chang’an, usato per le parate, si trova tra la Tien’anmen e la piazza.

Sui lati occidentale e orientale della piazza sono allineati degli alberi, ma la piazza in sé è aperta, senza alberi né panchine ed è illuminata da grandi lampioni su cui sono montate anche delle telecamere. L’ingresso alla piazza è tutt’oggi sorvegliato da parte di poliziotti in uniforme e in borghese.


Woodstock Music & Art Fair

Correva l’anno 1969: a quanto pare il nove è un numero che porta “cambiamenti“. Comunque, tornando a noi… Il 20 luglio la navicella spaziale Apollo 11 aveva completato con successo la missione spaziale che portò l’uomo sulla Luna: gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin furono i due fortunati “eletti” (con merito, ovviamente) che per primi sperimentarono il “walking on the moon“.

Luoghi: Woodstock targaDal 15 al 18 agosto si tenne la Fiera della Musica e delle Arti, meglio conosciuta come Festival di Woodstock, anche se l’evento, di fatto, si tenne a Bethel. La città di White Lake, oggi nota come Woodstock, fu fondata nel 1829 ed era sede di una delle maggiori comunità attive di artisti del XIX e XX secolo, in particolare pittori appartenenti alla Hudson River School. Il suo nome era in questo senso molto conosciuto prima ancora di essere legato al celebre festival.

Fu proprio per questo motivo che gli organizzatori scelsero quella zona per ospitare quello che, secondo loro, avrebbe dovuto essere la celebrazione di un imminente cambiamento epocale, che avrebbe portato i giovani a vivere in una società più giusta, fatta di pace, amore e, soprattutto, musica.

Non trovando un’area adeguata ad ospitare l’evento, si stabilirono in un sito industriale vicino a Middletown, ma i loro permessi furono revocati un mese prima che il festival avesse luogo. La fortuna volle che trovarono il contadino della contea di Sullivan, Max Yasgur, che accettò di concedere la propria fattoria per il festival. La proprietà si trovava nella zona denominata Bethel e il villaggio più vicino era, appunto, Woodstock, benché a circa 70 chilometri di distanza.

Tre meravigliosi giorni di caos, musica e… fango!

Si parlò all’inizio di un’adesione di 50mila spettatori, almeno secondo le previsioni dei promotori del festival Michael Lang, John P. Roberts, Joel Rosenman e Artie Kornfeld. Se ne presentarono dieci volte di più: l’affluenza di gente a Bethel, soprattutto ragazzi, fu massiccia e immediata. Il traffico bloccò a lungo alcune autostrade dello stato di New York.

Il sito prescelto in extremis non era stato attrezzato per tante persone: le strutture sanitarie erano insufficienti, il sistema di pronto soccorso in parte impotente. Molti partecipanti si trovarono in difficoltà a causa del clima, per la mancanza di igiene e di cibo.
Un altro problema si presentò nella giornata di domenica: piovve pressoché ininterrottamente, i ragazzi erano immersi nel fango, i servizi igienici andarono fuori uso ed ogni tanto passavano dei trattori per “pulire” il terreno. Il governatore dello Stato di New York dichiarò la zona “area disastrata“.

Luoghi: Woodstock 1969
Woodstock: i 500.000 del 1969

Nella totale disorganizzazione, data anche dal fatto che era la prima volta che si faceva un festival rock, si alternarono sul palco trentadue musicisti e gruppi, fra i più noti di allora. Nessuno fra loro si esibì come da programma, seguendo una scaletta prestabilita.

Eddie Kramer, chiamato in qualità di tecnico del suono (nonché produttore più autorevole dell’epoca), disse in merito:

La mia missione era incidere su nastro tutto quello che avveniva sul palco. Gran bel lavoro in teoria, ma quando sei l’unico essere umano lucido in mezzo a 500 mila strafatti, le cose si complicano. Artisti, manager, security, staff: tutti fuori di testa. Ricordo un mixer in fiamme e un gruppo di tecnici in preda all’lsd che gli danzava intorno. ‘Nessuno lo spegne?’ chiedo io. ‘Noi non rubiamo il lavoro alle nuvole’ fu la risposta.

Max Yasgur, proprietario del terreno, dichiarò in seguito con stupore di come mezzo milione di persone, in una situazione che avrebbe permesso risse e saccheggi, avessero creato realmente una comunità motivata dagli ideali di pace e amore e parlò dell’affascinante cooperazione, premura e correttezza di così tante persone. Di fatto, durante quei tre giorni di follia, non ci fu nessun episodio di violenza né di criminalità. Certo, era un pubblico sedato dall’enorme quantità di marijuana ed LSD in circolazione, ma in quella situazione si contarono solo due decessi (e due nascite, N.d.A.).

Woodstock fu un caso eccezionale di perdita collettiva di controllo. Nessun artista fece sul palco quel che era previsto, molti di loro improvvisarono con risultati talvolta eccezionali e talvolta disastrosi. Spesso si trovarono a suonare ad orari improbabili: gli Who alle 4 di notte, i Jefferson la domenica alle 8 del mattino. Jimi Hendrix aveva insistito per essere l’ultimo al festival, così il suo numero era stato previsto per la mezzanotte, ma non iniziò fino alle nove del mattino di lunedì. Lo stesso Richie Havens, il primo ad esibirsi, salì sul palco alle 17:07 del 15 agosto e fu costretto a farlo perché c’era solo lui. Andò avanti improvvisando, per dare tempo agli altri di raggiungere il festival e la sua performance diede vita a Freedom.

In termini commerciali, per gli organizzatori il festival fu un fiasco colossale, ma Woodstock è diventato il punto di partenza del grande circo del rock a pagamento in tutto il mondo.

Woodstock oggi

La cittadina è abbastanza piccola e quindi tranquillamente visitabile a piedi. Camminare su e giù per la via principale, vi trasporta in un passato quasi nostalgico fatto di vestiti a fiori, pezzi d’antiquariato, vecchie stazioni ferroviarie trasformate in piccole botteghe e negozietti pieni di cianfrusaglie coloratissime in perfetto stile Hippie.

Se siete amanti dei mercatini non potete perdervi il Saturday and Sunday Flea Market. Questo mercatino delle pulci, tenuto da personalità intriganti e con un passato da figli dei fiori che gli si legge negli occhi, spazia da gioielli fatti sul momento, a giradischi di musica rock (chissà perché?), vecchi cavalli a dondolo, tazze e telefoni e… frutta fresca!

I festival del cinema e dell’arte che vi si tengono abitualmente richiamano grandi nomi del mondo della cultura e da tempo Woodstock è una sorta di mecca per artisti, musicisti, scrittori. Sono centinaia i musicisti che, nel tempo, vi si sono recati per abitarvi o semplicemente a registrare i loro dischi. Non è forse un caso che la città abbia un cimitero degli artisti separato dal cimitero municipale.

Woodstock è, e resta soprattutto, un paese pieno di artisti, gallerie d’arte e di fotografia, nonché luogo di celebrazione di qualsiasi forma di creatività. Avrà senza dubbio rivoluzionato il mondo musicale, ma, in fondo, la cittadina è rimasta la stessa del XIX secolo.


Curiosità: se volete andare a Woodstock, occhio alla cartina! Solo negli Stati Uniti ben 12 città hanno lo stesso nome: in Alabama, Connecticut, Georgia, Illinois, Maine, Michigan, Minnesota, New Hampshire, Ohio, Vermont e Virginia. Voi scegliete la Woodstock nello stato di New York, mi raccomando!


Bonus: Plaza de la Revolución

Lo so, lo so, avevo detto tre luoghi e non di più, ma, seriamente, pensavate davvero che avrei potuto escludere dall’articolo proprio questa?

La Plaza de la Revolución (Piazza della Rivoluzione) è situata nel municipio dell’Avana e porta il suo stesso nome. Oltre ad essere una delle piazze pubbliche più grandi al mondo, con 72.000 metri quadrati, è un luogo di grande valore storico, in quanto è stata scenario di numerosi atti ed eventi principali della Rivoluzione di Cuba. In essa sono riusciti a raggrupparsi un milione di persone, quasi la decima parte della popolazione cubana.

Questa enorme piazza fu opera dell’urbanista francese Jean Claude Ferestier nella decade del 1920 e fu conosciuta come Plaza Cívica, fino 1959. Costruita sopra una collina, in puro stile della piazza dell’Etoile di Parigi, ha diversi viali che si disperdono verso il fiume Almendares di Vedado e il Parco della Fraternità. Nel suo gigantesco piazzale hanno avuto luogo numerose conferenze del partito ed è stata testimone diretta di vari atti di solidarietà con popoli fratelli e anniversari di fatti storici, come l’assalto al Quartiere Moncada o il trionfo della Rivoluzione.

Oggi si trova circondata da edifici grigi ed è la sede del Governo Cubano. Viene utilizzata come luogo di celebrazioni per le grandi manifestazioni politiche. Al centro della piazza si trova il Monumento in onore a José Martí, dietro del quale si trovano gli uffici governativi, situati nel ben custodito e sorvegliatissimo Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba.

Luoghi: Plaza de la Revoluciòn

L’edificio di cemento situato a nord della piazza è il Ministero degli Interni, famoso per l’enorme pittura murale di Che Guevara, scolpita da Enrique Ávila sulla facciata, copia della fotografia scattata nel 1960 da Alberto Korda. Giusto al di sotto dell’immagine del Che, è riportata la frase “Hasta la Victoria Siempre” (ossia, sempre fino alla vittoria). L’edificio attiguo è quello di telecomunicazioni e l’immagine in mostra è quella dell’eroe di battaglia Camilo Cienfuegos.

Al lato est della piazza, si trova la Biblioteca Nazionale José Martí, che racchiude un’importante esposizione fotografica; al lato ovest si innalza il Teatro Nazionale di Cuba.


Ah, se passate da L’Avana, non scordatevi di passare alla Boteguita del Medio e di brindare con un buon ed originale Mojito alla salute di Ernest Hemingway


Termina qui il nostro viaggio alla scoperta dei luoghi rivoluzionari per eccellenza!

Alla prossima!
Annalisa A.

Scritto da:

Annalisa Ardesi

Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
Mi potete contattare direttamente scrivendo: a.ardesi@inchiostrovirtuale.it